La Storia

La Facoltà di Scienze ebbe da subito l’esigenza di dotarsi di un elaboratore elettronico per la costituzione di un centro di calcolo.

Il 09/04/1975 il consiglio di facoltà nominò una commissione formata dai professori Andrea Maggiolo Schettini, Gennaro Petraglia, Mario Troisi e dagli studenti Esposito e Napoli. A loro fu dato il compito di verificare i problemi legati alla sistemazione a un elaboratore elettronico a Salerno nei locali di via Zottoli, 16.  Il primo ottobre del 1975 venne installato il G 105 della Honeywell, preso in affitto con un contratto di locazione biennale.

La gestione dell’elaboratore venne affidata all’Istituto di Scienze dell’Informazione, ma già a partire dal 1976, mutate le esigenze didattiche, il G 105 venne sostituito dall’H 62/40 sempre di marca Honeywell. I costi di noleggio, tuttavia, resero insostenibile la gestione economica delle nuova apparecchiatura e il fondo di £ 52.788.000 istituito per il mantenimento delle macchine risultò esaurito in pochi mesi (1978). L’eventuale dismissione dell’H 62/40 non avrebbe consentito di soddisfare la didattica in quanto il piccolo elaboratore HP 2100 S a 16 K di memoria avrebbe a malapena coperto le esigenze del primo biennio e sarebbe stato del tutto insufficiente per quelle del secondo. Si sarebbero compromesse, inoltre, anche le sperimentazioni in atto con altri organismi dell’Università di Salerno e l’esistenza stessa del corso di laurea in Scienze dell’Informazione.

Il 16/05/1978, la professoressa Maria Marinaro, preside della Facoltà di Scienze, relazionò sulle difficoltà di gestione del Centro di calcolo proponendo di creare un organismo autonomo normato da un regolamento che ne consentisse una conduzione virtuosa dal punto di vista amministrativo e dotato di un consiglio direttivo, un responsabile della gestione tecnica e uno per la parte amministrativa. In questo modo si coinvolgeva il Consiglio di amministrazione dell’Università che avrebbe dovuto stanziare una somma annua per far fronte alle spese di noleggio e di gestione del nuovo elaboratore elettronico H 62/40.Contestualmente, alla fine della discussione, la proposta venne accolta con delibera di consiglio di facoltà. Veniva così istituito il Centro di calcolo della Facoltà di Scienze [delibera].

Il nuovo assetto consentiva di soddisfare le esigenze di elaborazione elettronica legate all’attività didattica e di ricerca della facoltà e di proporre eventuali convenzioni con altri enti secondo un regolamento e un tariffario. La gestione del centro avveniva tramite un consiglio direttivo composto da sei docenti eletti dalla Facoltà di Scienze, da un rappresentante del personale tecnico del Centro e un responsabile amministrativo, nominato dal rettore su proposta della facoltà e scelto tra i membri eletti del consiglio direttivo.

Nel 1979 il centro di calcolo di via Zottoli a Salerno è costituito dalle seguenti macchine [consiglio di facoltà 16/01/1979] da un sistema H 62/40 della Honeywell configurato con

  1. Un’unità centrale con memoria di 128 k;
  2. due unità di lettura/registrazione di cassette magnetiche;
  3. una console operativa;
  4. una stampante parallela con velocità di 200 righe/minuto;
  5. un sottosistema a dischi magnetici tipo MSUO112 con due moduli di cui uno amovibile con capacità complessiva in linea di 11.6 milioni di bytes;
  6. un terminale video sincrono VIP 775;
  7. software GCOS, COBOL, FORTRAN;
  8. una perforatrice;
  9. un quadro elettrico.

Presso il centro era installata una seconda unità a disco tipo MSUO112.

Costituivano parte integrante del centro anche:

  1. Data Entry DE 520;
  2. Lettore di schede CR 300

entrambi in locazione gratuita dalla Olivetti. Tuttavia, l’azienda face presente come non fosse più possibile tenere gratuitamente le apparecchiature proponendo un prezzo di locazione di £ 700.000 al mese.

Il 30.10.1981 il Consiglio d’Amministrazione dell’Università degli Studi di Salerno, presieduto dal rettore Vincenzo Buonocore, deliberò di acquistare dalla Digital Equipment S.p.a. il sistema VAX 750, come specificato sotto le sigle SVUBXWAA-AN e RM03-AD (offerta del 09/10/1981). La gestione della struttura non venne assegnata all’Istituto di Scienze dell’Informazione e fu nominata una Commissione che formulasse una proposta di regolamentazione della struttura [consiglio di Amministrazione].

Tuttavia, il consiglio di Amministrazione dell’Università di Salerno nella riunione del 02/06/1982 deliberò di affidare la struttura del Centro di calcolo all’Istituto di Scienze dell’Informazione per far fronte alle esigenze didattiche del corso di laurea [delibera]

Il 6 luglio del 1982 il sistema VAX 750 della Digital Equipment venne collaudato nei locali del Centro di Calcolo alla presenza dei professori Alberto Apostolico, Renato Capocelli, Filomena de Santis, Emanuela Fachini, Enrico Fischetti ed il tecnico laureato ingegnere Esamuele Santoro [scheda collaudo].

Risultavano in dotazione all’Istituto di Scienze dell’Informazione anche un sistema PDP/11/34, quattro sistemi a microprocessore Digital VT 103 con relative stampanti LAX 180, un sistema Zelco Zilog, ed un Olivetti TS 621 [si veda regolamento d’uso sistemazioni di Elaborazioni dell’ISI).

Il 27/02/1985 veniva installato presso il Dipartimento di Informatica ed Applicazioni il sistema di calcolo VAX 11/785 composto da 

  • un’unità centrale a 32 bit con una memoria MOS da 2 MB espandibile fino a 32;
  • Cabinet con alimentatore e backplane DD11-DK;
  • Una licenza operativa VAX/VMS QE001-DZ.

 

I ragazzi del Centro di Calcolo

di Pippo Cattaneo

La storia del centro di calcolo si interseca con quella di un gruppo di giovani ricercatori che contribuirono allo sviluppo di Informatica all’Università di Salerno.

Nel febbraio del 1983 vennero stipulati otto contratti ex art. 23 per tecnici laureati (poi futuri ricercatori) che si sarebbero occupati dei laboratori del Dipartimento. Antonio (Esposito) e io fummo destinati al laboratorio personal computer IBM dotato di circa venti  PC IBM con processore 8086 a 64 Kb di RAM e floppy da 170 Kb.  Luisa (Gargano), Alfredo (De Santis), Alberto (Postiglione ), Giancarlo (Nota), Mara (Angela Guercio) e  Nivia (Virginia Giorno), invece, gravitavano attorno alla Sala Vax che veniva usata prevalentemente per il corso di Sistemi I del prof. Enrico Fischetti.

Il nuovo Vax 785 era configurato con 4 Mb di RAM, un disco RA81 da 400 Mb, un disco mobile RA60 da 200 Mb e un’unità nastro autoloader da 6250 bpi anziché 1600. Quest’ultima installazione aumentava la capacità da 30 a 90 Mb ed era l’orgoglio del professore Renato Capocelli. La macchina si componeva anche di una stampante LP11, una console e perfino un adapter ethernet (anche se nessuno sapeva a cosa potesse servire). Completavano il pacchetto anche due terminali grafici Barco (sempre su linea seriale) ed una matassa di cavo coassiale giallo per ethernet.

A questo punto la sproporzione apparve netta: nel laboratorio personal computer si “giocava”, nella sala vax si facevano le “cose serie”. Il professore Capocelli aveva concentrato nella sala Vax tutte le risorse economiche di cui disponeva, applicando un metodo che si sarebbe dimostrato vincente. Invece di disperdere i fondi fornendo ad ogni gruppo piccole cifre, sufficienti solo all’acquisto di dotazioni di portata ridotta, concentrò tutte le risorse in una unica infrastruttura, condivisa da ognuno e con caratteristiche rilevanti ed uniche nel panorama delle università nazionali. La professoressa Amalia Nobile avviò anche delle tesi (ricordo ancora Tonino Sacco e Giovanni Forte che ahimè subirono ritardi nella tesi a causa della sperimentazione di Unix).

Nel contempo Alberto Postiglione, insieme ad Annibale Elia, aveva avviato una sperimentazione di informatica linguistica VMS, poi per fortuna Annibale acquistò un suo Vax 750.

Altri ragazzi (allora studenti) si entusiasmarono a tal punto da passare praticamente l’intera giornata nelle stanzette con i terminali. Ricordo, tra gli altri, Giancarlo De Vivo, Massimo Franco, e l’immancabile Michele Pirone.

Dopo circa un anno si verificò un episodio estremamente significativo: Capocelli al rientro da uno dei suoi viaggi negli Stati Uniti aveva portato con sé un nastro con la distribuzione di Unix BSD 4.2.

Mi chiamò e disse: «secondo lei possiamo installarlo anche noi sul nostro Vax?». Confesso che la richiesta inorgoglì tutti, ma eravamo anche preoccupati perché comportava dei grossi rischi. Il problema principale era compromettere il sistema in quanto la probabilità di cancellare inesorabilmente l’installazione di VMS che lo faceva funzionare era alta. Senza tralasciare il fatto che pagavamo una cifra significativa per la sua manutenzione. 

Alla fine mi convinsi: provai dapprima sul Vax 750 e funzionò tutto al primo colpo, poi mi feci ancora più coraggio e tentai un’installazione sul disco mobile. Insomma il Vax divenne una specie di mostro: di giorno veniva utilizzato con VMS e la sera (dopo le 17.00) si trasformava in Unix BSD. Peccato, però, che a causa di un bug sul driver del disco UDA 50 dopo qualche minuto dal boot andava inevitabilmente in crash.

Dopo ore passate a telefono con il supporto di Berkeley (non ricordo come si comunicasse), mi convinsi che occorreva aspettare che venisse rilasciato un nuovo nastro (bootabile) con le patch necessarie (poche righe di codice). Invece, come la manna dal cielo nel giugno del 1984 mi misi in contatto con un ricercatore francese, Yves Devillers, che aveva un altro Vax 785 presso Inria (Roquencourt, Versailles, Paris) ed aveva fatto la “mitica” patch. Come un buon padre di famiglia, attratto anche dalla costiera amalfitana oltre che dal Vax, si mise in viaggio con la sua Renault 5, con al seguito la moglie ed il figlioletto di pochi mesi, e raggiunse Baronissi. Mangiammo tutti a mensa (si gli ospiti si accoglievano così) e poi subito a lavoro prima di andare in albergo. La sera, prima delle 20.00 il Vax era su e non crashava più! Era nato!

Poco dopo lo accompagnai in albergo (rigorosamente Hotel Plaza) e ci demmo appuntamento per il giorno successivo. Il problema serio, a questo punto, era gestire la convivenza e la sopravvivenza dei progetti fortemente legati al VMS.

Renato Capocelli cercò di convincere tutti e per qualche mese continuò la “doppia vita” del Vax, ma quando a luglio arrivò Eugen Neidl per tenere un corso di Lisp, da buon tedesco escluse questa possibilità e soprattutto il Vax la sera non doveva essere spento e restare sempre acceso (con Unix, sic!).

Eugen Neidl in persona creò i primi account: prima si usavano nomi generici: user, administrator, ecc., invece lui introdusse la regola: en=Eugen Neidle, pc=Pippo Cattaneo, fds=Filomena De Santis, ads=Alfredo De Santis, bdg=Bruno de Gemmis e così via.  Da allora, Pino Cassiani ha creato migliaia e migliaia di account, passando alla regola 3+3 come alfcoz=Alfredo Cozzino).

Installammo sul Vax anche il linguaggio di programmazione Le Lisp che divenne indispensabile per svolgere i compiti che il tedesco ci aveva assegnato per tutto il mese e che controllava che noi portassimo a termine.

Ancora nel 1985, sulla scorta del successo dell’anno precedente,  Eugen Neidl tenne un nuovo corso e portò con sé un nuovo “regalo”. Grazie alle sue password francesi fu di fatto installato il primo nodo italiano Unix! In sintesi via modem (a 1200 bps), il Vax  fu connesso alla rete di macchine Unix che con il protocollo UUCP (Unix to Unix Copy), quello per intenderci con i bang “!”, permetteva l’invio della posta elettronica. Neidl scelse anche il nome applicando la regola di tutti i nodi come MCVAX, LITP, IRCAM, INRIA e battezzò il nostro Vax UDSAB (Università di Salerno a Baronissi). Nessuno di noi capì cosa significasse, ma funzionava.

A questo punto venne meno ogni dubbio: a funzionare doveva essere sempre e solo Unix (BSD 4.2). Il Vax 785 era dedicato alla ricerca, il Vax 750 agli studenti per la didattica. Quindi come effetto collaterale, dopo l’ultimo backup, il disco fisso (RA81) fu formattato e divenne il disco di boot del sistema Unix. Si aumentava, così, lo spazio disponibile da 200 a 600 Mb.

È inutile dire che i tecnici della Digital cercarono in tutti i modi di dissuadere Capocelli ribadendogli che in questo modo si sarebbe persa ogni forma di assistenza e possibilità di manutenzione. Ma neanche questo gli fece cambiare idea. 

Da allora, per migliaia di volte, Bruno De Gemmis compose a mano un numero telefonico francese attendendo che la mail partisse (ed arrivasse), poi, chiudeva la comunicazione e ricominciava. A Capocelli non parve vero poter disporre della stessa mail che utilizzavano i suoi corrispondenti amici negli States e soprattutto questa mail consentì a tutti i giovani ricercatori all’estero di rimanere in contatto con i gruppi di ricerca locali e i propri amici.

I successivi dieci anni di storia del Centro di Calcolo furono molto intensi e si raggiunsero traguardi molto  importanti, tra i quali:

  • disporre di TeX come Knuth;
  • riuscire a stampare su una stampante laser (LN01);
  • integrare altre periferiche come la piccola stampante laser di apple molto più performante;
  • rendere più stabile il collegamento via modem con il resto del mondo (modem autocalling a 9600bps).

Nel giugno del 1987 ci fece visita John Sechrest, l’amministratore dei sistemi della Oregon State University che condivise  con noi un po’ della sua immensa esperienza fornendoci, ad esempio, come sistema per la gestione della mail l’ambiente MH (Mail Handler).

Presto il Vax 750 divenne obsoleto e fu sostituito da un Vax 8200 (con il sistema operativo Ultrix sempre dedicato esclusivamente alla didattica con il nome EDUDIA). Con il Vax 8200 arrivò anche una nuova stampante LXY22.

Per contenere i soldi della manutenzione, fu compresso tutto in un microvax 3400. A questo punto Capocelli sulla base dell’esperienza maturata negli Stati Uniti acquistò (il primo in Europa) una macchina parallela Encore Multimax con 4 processori NS 32000. Il grande incremento di prestazioni, nel ‘90 portò alla sua sostituzione con una nuova versione del Multimax molto più performante. Quella precedente, invece, fu data in permuta e Capocelli, che in quegli anni stava passando a Roma per fondare Ingegneria Informatica. Dopo averla riacquistata la rese operativa con il mio aiuto nella sede di via Salaria (carnevale 1990). Tale operazione fu agevolata anche grazie a tutto il software che era stato raccolto a Salerno.

Furono acquistate, successivamente, anche tre workstation Sun 1(con processore Motorola 68030) a colori 2 BW che furono collegate alla rete.

A questo punto arrivò anche il sostituto del Vax 785: si trattava del piccolo server Alpha AXP 4000 che aveva in dotazione sempre  il sistema operativo Unix (Thru64 di OSF) con ben 512 Mb di RAM (da 8 a 512) ancora visionabile presso il Dipartimento.

Successivamente, anche l’8200 fu sostituito da una macchina Alpha 2100 (un po’ più piccola ma assolutamente sufficiente per il carico degli studenti). 

Nel ‘91 fu acquistata la prima workstation Sparc dedicata alle comunicazioni. 

Un altro evento epocale fu l’integrazione della rete AppleTalk con la rete ethernet. Poiché molti disponevano di Mac e soprattutto gli strumenti di videoscrittura di Apple erano più performanti (WYSIWYG) importai dalla Francia la cosiddetta passarelle un bridge tra le due reti che abilitò l’uso della stampante laser di Apple con un incredibile incremento di prestazioni. La LN01 aveva 170 Kb di RAM mentre la stampante di Apple, nonostante costasse trenta volte di meno  (180 Ml vs 6 Ml), aveva 1 Mb in cui caricare font ed immagini,  

Negli studi oltre alle connessioni seriali per i terminali, cominciarono ad arrivare rete ethernet (cavo coassiale a 50 ohms) e la rete appletalk (filo in rame non schermato) e molti utilizzarono i Mac come postazione di accesso al CED.

Mi piace ricordare, infine, i tecnici che hanno seguito le strutture di calcolo. Si tratta di Esamuele Santoro (tenne il corso di calcolo numerico nel 1980), Bruno de Gemmis (responsabile del CED), Pietro Steardo (responsabile dei laboratori Personal Computer), Ivo Capezzone, Pino Cassiani, Carmen Rinaldi, Nicola Cirillo, Michele Pirone, Fulvio Marino, Alfonso Sessa e Michele Avellino. Quest’ultimo ha personalmente saldato a mano tutti i connettori dei terminali (50 linee x 2 x 6 fili!). Non posso dimenticare, inoltre, Matteo Cotticelli, Walter Balzano e i tecnici assunti più di recente Carlo Di Giampaolo, Luigi Catuogno e Nello Castiglione.